Non me la spiego, questa strana e improvvisa sensazione – come se l’anima volesse superare il silenzio del tempo, perforando gli oceani indistinti della mente.
La tua presenza mi fa sentire come un fiume sotto la brina del pomeriggio – un torrente irreale, inquieto e placido allo stesso tempo, trascinante la memoria e i ricordi fino al silenzio solitario del mare sconosciuto.
Non so bene dire cosa sei. Forse, sei tutto, per me. Sei il ronzio delle orecchie che mi accompagna dovunque; forse sei la luce che filtrava attraverso le fronde degli alberi in quel pomeriggio lontano, o magari sei solo il futuro che s’intreccia nel presente scavato dalle onde del vento.
Mi fai sentire le spalle stanche dal troppo lavoro, come se le lacrime avessero il potere di fare accadere questo. Giuro di averti conosciuto da sempre; invece, forse, non ho mai capito cosa sei, e semplicemente lo sto capendo solo adesso.
Nella notte fredda d’inverno, mi chiedo cosa sarebbe stato di tutti i percorsi mai compiuti; mi domando di cosa sarebbe rimasto delle parole mai dette, degli sguardi mai intuiti, dei silenzi soffocati dal tempo.
Di una cosa sono certo. Siamo nati per essere qui, in questo momento. Forse noi esseri umani siamo solo l’inconsistente materia delle parole sconnesse, dei sentimenti inespressi, delle occasioni mancate.
Al di là di questo, io ti voglio bene.
Forse credo di avere capito come volermi bene.
Mi fai sentire come se fossimo tutt’uno. Come se i ricordi fossero solo miei.
Questa esplosione di solitaria bellezza è tutto ciò che sono. Ora so che io sono te, e tu sei me.
Mi fai sentire felice di essere vivo. Sto imparando ad amarti; e con, te, tutto il mondo che condividiamo ad ogni intenso e fioco respiro.
