Il cucciolo e la pioggia

Il cucciolo e la pioggia

La pioggia pesante, proprio come oggi, batteva sugli angoli dei recessi del mondo. Il suo suono ritmico riempiva gli spazi vuoti dell’esistenza; scroscio dopo scroscio, le gocce cadevano rapidamente sulle foglie. Attirate verso la terra, pregna di pioggia, scivolavano veloci fino sui fili d’erba.

L’asfalto creava pozzanghere rumorose, e io tentai in tutti i modi di saltarle. Con profonda cura, evitai di stare troppo a ridosso della strada dal marciapiede. Quella volta mi venne in mente, in un istante veloce e dal sapore raffazzonato, dei miei momenti antichi. Da piccolo bambino, io ci saltavo dentro a piè pari; nello stesso momento, seguendo i consigli di mia madre, evitavo accuratamente di bagnarmi i vestiti. Ero terrorizzato delle malattie e dai suoi rimproveri.

Assaporai l’odore acre della pioggia, e una moltitudine di altri ricordi e pensieri mi sopraggiunsero in testa. Solitamente, dopo la pioggia, avrei visto uno stuolo di lumache alzarsi dal terreno, rintanate precedentemente chissà dove; e il rumore della pioggia battente sul mio ombrello con disegni carini mi fece sentire protetto sotto la cupola di un mondo magico e misterioso.

Sì, adoravo e adoro molto la pioggia, ma mi resi conto in quell’istante che negli anni addietro avevo quasi perso questa bellezza incastrata nella mia anima. Fu proprio in quell’ottobre del 2004, tornata solo oggi in mente, che mi trovai a essere martoriato coi miei pensieri fatti di aspettative. Avevo già forti in me le prime avvisaglie del dolore esistenziale che mi avrebbe attanagliato l’anima negli anni successivi.

Non capivo nemmeno di sentirmi schiacciato, e già meditavo di abbandonare gli studi, in virtù di un benessere che non avevo mai conosciuto. Eppure, il mondo era tutto lì, insieme a ciò che amavo di più al mondo; era una gloria solitaria, incastrata in quel momento umido. Non conoscevo ancora la mia sensibilità; eppure vivevo del respiro di quegli istanti, e nonostante tutto mi sentii completo. Malinconico, sofferente, osservai da sotto il mio ombrello, con timidezza esasperata, la bellezza di quel mondo.

Ricordo bene, però, tra lo scroscio infinito di quell’esistenza, un rumore attenuato tra i fugaci silenzi della pioggia.

E’ lo stesso rumore che sento in questo preciso momento. Proprio adesso, cammino ancora, a distanza di più di vent’anni, sotto l’acqua battente. I pensieri hanno cambiato forma; le preoccupazioni si sono sostituite ad altre. Credo di avere più rispetto di chiunque altro nei confronti dei miei ricordi; e tutto questo, mi sovviene quasi come un colpo martellante nella testa. Evito le pozzanghere, ancora oggi. Ho terrore di stare sul marciapiede: si sa mai che qualche auto ad alta velocità possa decidere di farmi fare una doccia. I pensieri mi continuano ad attanagliare la testa, prendono corpo e spirito, anima e malinconia.

In questo non sono cambiato per nulla. Però, questa volta, mi fermo ad ascoltare quel rumore. Vent’anni fa non lo ascoltai, e di questo me ne sono sempre pentito. Questa volta, invece, sosto ad fissare la scatola di cartone, e osservo il cucciolo inzuppato sotto la pioggia contenuto in essa. In un attimo metto da parte tutte le preoccupazioni.

Osservo quel piccolo cucciolo tremare da solo. Penso che sia stato molto bravo a nascere in questo mondo; che abbia fatto bene, nonostante tutto, e ne ammiro la sua forza. Mi viene da piangere a questo pensiero, e cerco di prenderlo tra le mie braccia, delicatamente, cercando di asciugarlo. E’ complicato esistere in questa realtà, e tutte le sofferenze sono ripagate spesso ancora più malamente. Tutti i nostri dolori, tutte le ansie e le cose brutte, tutte le pressioni, sono ora nascoste sotto la pioggia, al di sotto del terreno della nostra sensibilità. Lui non lo sa, e di tutto ciò non ne ha colpa. Non ha idea di come sia complicato vivere, per noi.
Eppure, nonostante tutto questo, istintivamente, butto l’ombrello a terra e non ci penso più. Non mi è mai capitata una cosa del genere.

Così, inzuppati fradici, ora camminiamo velocemente sotto la pioggia. E penso che avrei fatto bene a scusarmi con il cucciolo che, vent’anni fa o poco più, lasciai in quel cartone, in quello spicchio di mondo antico che ora conosco solamente io. Sono sincero: mi assicurai, al tempo, che qualcuno lo trovasse. Ma non ho mai saputo che fine abbia fatto. Non me ne curai più di tanto. Chissà quanto avrà sofferto, e chissà chi avrebbe potuto aiutarlo, oltre me.

Tutto ciò mi dà forza. In tutti questi pensieri, in tutto questo dolore, mi sento vivo. Adesso, sotto la pioggia battente, improvvisamente senza i pensieri di prima, io corro più veloce che posso. 

Il cucciolo trema, sento il suo cuore a ridosso del mio. Abbiamo battiti diversi.
Corro sotto la pioggia, attendendo che il cielo si schiarisca. 
Mi bagno incredibilmente, aspettando un arcobaleno che forse non sarà mai presente.
Chissà se le le lumache usciranno fuori, a strusciare di nuovo sul terreno del mondo.
Ma lo stringo forte. Talmente forte da scaldarlo. Ora, mi interessa solamente questo.

Alessandro

Ingabbiato nella quotidianità e nello straordinario, mischiato tra il rosso del tramonto e la pesantezza dorata dell'alba. Sono autore autodidatta. Mi sento espressivo, solitario e al, contempo, immerso nel tutto, Sono alla ricerca di mille luci e altrettante ombre.
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